Siamo nella settimana Santa e la Pasqua è ormai alle porte, le nostre comunità parrocchiali stanno vivendo attraverso la liturgia con i suoi segni e gesti, il memoriale della passione e morte di nostro Signore Gesù. La liturgia ci fa riìvivere e ci ripresenta nella fede il centro nevralgico della nostra salvezza. I quaranta giorni della quaresima sono stati un tempo per comprendere ed interiorizzare un mistero, che pur nella sua non piena e perfetta comprensione, orienta la nostra vita e da senso a tutto quello che siamo e facciamo. Il mistero della passione e morte, mistero mai pienamente comprensibile, ci avvicina a un Dio che non disdegna di abbassarsi a noi, fino al punto di sperimentare dolore, sofferenza e la morte con donazione totale di se per amore ed in obbedienza al Padre che vuole la salvezza di tutti noi. L’Amore è il fulcro, il centro di tutto. Amore che porta alla condivisione di noi stessi, e ci proietta verso l’altro con un’empatia che non è compassione, ma partecipazione e condivisione alle sofferenze e alla povertà del fretello. Come potremo condividere l’esperienza del Nazareno? Solo con sentimenti di dolore e di compunzione? Solo con gesti esteriori e manifestazioni esterne e/o paraliturgiche? Queste sono importanti se manifestano l’amore che si estende e si espande nel “mio tempo e nella mia storia”, nel nostro tempo e nella nostra storia. Nella stroria e nelle vicissitudine delle nostre comunità che si aprono, non solo alla costatazione e alla osservazione delle difficoltà dei fratelli, ma si aprono alla vera condivisione che dice partecipazione e “farsi carico” delle loro debolezze e povertà facedole nostre. Abbracciando il fratello nella piena consapevolezza di incontrare il volto del Nazareno ricoperto di sputi, offeso, deriso, tradito, flagellato ucciso. Del Gesù che è incarnato nel fratello incompreso, tradito, escluso, emarginato, ucciso dalla nostra società di cui noi stessi facciamo parte. Se vorremo vivere in pienezza la Pasqua non aspetteremo che ci venga chiesto di “fare opere di carità”, ma sarà necessario reinserire il cammino personale e comunitario nel fiume della Carità. Ascoltando e seguendo la voce dello Spirito, troveremo fome e modi nuovi per partecipare veramente al tempo di Pasqua, tempo di amore che si espande come un onda di grazia in tutta la nostra vita e nel tempo fecondandolo e trasformandolo in Kairos, in tempo di grazia e di carità. Allora, Buona Pasqua! Entrando in quest’onda di amore, nell’adorazione supefacente del Cristo sulla croce esclamiamo anche noi: “veramente costui era il figlio di Dio!” Auguri. (P.V.)